Femmene, ciucce e crape... tenen tutt' 'a stessa capa
(Femmine, asini e capre... hanno tutti la stessa testa)
So bene che tale proverbio può risultare irrispettoso se non, addirittura, offensivo per molte delle lettrici connesse. Tuttavia, mi sono concessa questa licenza per due motivi: innanzitutto, perché, facendo parte del gentil sesso, non ho la pretesa di ritenermi esclusa dal novero in questione, e, in secondo luogo, perché la citazione di oggi, ancora una volta, era una delle preferite di mio padre. Vi sarà, ormai, evidente che il caro Babbo Diego era solito riassumere con i proverbi napoletani tutto un universo di considerazioni e pensieri personali, e lo faceva in una maniera così simpatica e bonaria che anche il più insolente dei modi di dire, in bocca a lui, appariva quasi un complimento, o, comunque un benevolo pretesto per sdrammatizzare la situazione.
Nel post "Straordinarie coincidenze a Siviglia", avevo già accennato all’intolleranza che mio padre, guidatore provetto, manifestava in maniera folcloristica verso gli imbranati al volante. Dopo le persone anziane, a cui spassionatamente consigliava di rimanere a casa a fumarsi ‘na pippa (traduco: una pipa), il suo bersaglio preferito erano le donne. In particolare, esse davano il meglio di sé nei parcheggi (ma anche nelle partenze in salita non erano da meno). Sicché, quando egli assisteva al vano e ripetuto tentativo di parcheggiare una piccola utilitaria in uno spazio che avrebbe potuto accogliere un TIR (ora sto esagerando un po’!), non poteva esimersi, come suo solito, dall’intervenire per risolvere il problema alla fonte: chiedeva alla signora di turno di scendere dall’auto e provvedeva ad effettuare personalmente il parcheggio a velocità supersonica, accompagnato dal tifo calcistico di tutti gli altri automobilisti in coda. Dopodiché, rientrava in macchina, pienamente soddisfatto per aver concluso con successo un’altra missione da Superman e condendo il tutto con la citazione del proverbio odierno!
E adesso ritorniamo alla narrazione delle mie vicende. Sono sicura che molti di voi si stanno chiedendo come andò a finire la faccenda dell’incontro con il misterioso compagno del liceo.
Ovviamente, non mollai la presa, curiosa com’ero di appurare de visu la sorprendente trasformazione di cui egli era stato artefice. Eppure, avrei dovuto ricordare che un famoso proverbio inglese, tanto per rimanere in tema di citazioni, recita: Curiosity killed the cat, ossia La curiosità uccise la gatta.
Anyway… Ormai avevo preso la mia decisione e, com’è tipico del mio stile, dovevo andare fino in fondo.
Pertanto, senza indugiare oltre, lo richiamai, rinnovando l’invito ad incontrarci. A quel punto, egli non poté tirarsi indietro, anche perché non esisteva alcun razionale motivo per declinare la proposta.
La sera dell’appuntamento arrivò. Eravamo agli inizi del 2002, immediatamente dopo l’Epifania. Non avevo alcuna aspettativa in particolare, se non il piacere di incontrare un amico di vecchia data. Lui mi aspettava dinanzi all’ingresso di casa e, quando ci vedemmo, la prima cosa che gli dissi fu: “Che piacere rivederti! Sei rimasto lo stesso, se non fosse per qualche ruga in più intorno agli occhi!” Chissà se lo prese come un complimento o come qualcosa di diverso. Sta di fatto che anche lui fu felicissimo di quell’incontro.
Ci recammo in una famosa pizzeria del Vomero, dove ci raggiunse un altro compagno di classe, Alberto, che pure non vedevo da una vita. Il tempo letteralmente volò, raccontandoci sprazzi della nostra vita vissuta.
Alessandro (beh, ormai lo avrete capito che il misterioso amico sarebbe poi diventato mio marito!) non sembrava affatto il ragazzo ombroso ed introverso che avevo conosciuto al liceo: ora appariva radioso, allegro ed operativo! Questa piacevole scoperta maturò in me uno strano presentimento: la cosa non poteva finire lì, e una Gemelli ascendente Gemelli raramente si sbaglia!
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