Il mattino ha l’oro in bocca
E’ proprio vero! L’energia che ci accompagna al mattino è incomparabile. Quando la nostra giornata ha inizio, ci sentiamo pronti a conquistare il mondo, a realizzare qualcosa di unico, a propiziarci qualche gradita e meritata sorpresa. La nostra testa è piena di buoni propositi, proiettata verso faccende da sbrigare, lavoro da svolgere, persone da incontrare e con cui interagire.
E se il sole ci osserva dall’alto, vestito del suo migliore abito oro splendente, senza essere filtrato dal grigiore e dal tedio delle nubi, allora veramente ci sentiamo pronti anche all’impossibile.
A pensarci bene, ogni nuovo giorno è come un nuovo inizio della nostra vita, il che ha un fondo di verità anche se il nostro umore non è esattamente al massimo. Penso che a tutti sia capitato di percepire alla stregua di un sassolino fastidioso ciò che la sera o la notte precedente ci era apparso come un macigno insostenibile. Vi siete mai chiesti come questo sia possibile? La risposta è semplice: ciascuno di noi, anche se afflitto o scoraggiato, tende naturalmente alla sopravvivenza, possibilmente migliorando la sua condizione. La speranza che il nuovo giorno annunci cambiamenti positivi ci sostiene istintivamente, perché costituisce il motore stesso della vita, ciò che ci dà la forza di ricominciare ogni mattina la nostra avventura in questo mondo.
Del resto, anche Rossella O’Hara, in “Via col vento”, nonostante avesse da poco perso la figlia Diletta, e fosse stata abbandonata dal marito Rhett, stanco dei suoi capricci e della sua indifferenza, sul finale si apre alla speranza di riconquistare il marito, affermando: “Non voglio perderlo, non voglio! Ci deve essere il modo di ricondurlo a me. Ma non posso pensarci ora, sennò divento pazza. Ci penserò domani. Dopotutto, domani è un altro giorno!”
Calmi, calmi! Lo so che adesso siete letteralmente sulle spine, che non vedete l’ora di scoprire come andrà a finire la faccenda del rientro a Siena. Bene, allora occhi aperti, perché è il momento di fare un altro passo in avanti.
Prima di iscrivermi all’università nella città toscana, avevo, ovviamente, conseguito il diploma di scuola superiore. Per cinque anni avevo frequentato il liceo scientifico statale Galileo Galilei di Napoli, quartiere Vomero. Inutile dire che furono anni bellissimi, indimenticabili, quelli in cui dall’adolescenza si compie quasi inaspettatamente il salto verso lo stadio di giovani uomini e donne. Dei miei compagni di classe mantengo un ricordo nitido, che custodisco con cura come un piccolo, inestimabile tesoro. Sono le persone con cui ho condiviso un età fatta ancora di spensieratezza e di ingenuità, ma, al tempo stesso, già sufficientemente matura per cominciare a scoprire i meravigliosi segreti della vita.
Penso che questa percezione del tempo che fu, degli anni del liceo, sia condivisa da molti e che ciascuno di voi, per i motivi che ho esposto, consideri a ragione la sua classe come unica, irripetibile, speciale.
Nel mio caso, vi assicuro che fu proprio così, per un ulteriore, ragguardevole dettaglio di cui, ovviamente, intendo farvi partecipi.
La mia classe era costituita da una trentina di elementi (molto affollata, dunque!), parimenti distribuiti tra maschi e femmine, come si dice nel gergo degli scolari. Durante il biennio, oltre che con buona parte delle esponenti del gentil sesso, legai in particolare con un compagno dall’indole piuttosto riflessiva ed introversa, o almeno così mi appariva all’epoca. Trascorrevamo intere ore al telefono a raccontarci non so bene cosa, ma, tuttavia, ci sentivamo abbastanza assiduamente. Poi, nel triennio, ci fu un brusco allontanamento, in quanto egli assunse una posizione da contestatore nei confronti di tutto e tutti (in particolare dei professori) che io non condividevo. Anzi, per la precisione, non condividevo la sterilità della sua critica perenne, che non gli fruttava alcun risultato se non quello di renderlo inviso a buona parte del corpo docente. Da allora, le nostre strade si allontanarono, e mai e poi mai, neanche nei più reconditi dei miei pensieri, avrei potuto immaginare che si sarebbero nuovamente incrociate!
Ciao cara la mia scrittrice, manda qualcosa ad una casa editrice ne hai propio la stoffa!!!!!Baci Giancarla
RispondiEliminaGrazie, Giancarla! Chissà, forse seguirò il tuo consiglio! Intanto, complimenti per la tua insalata tricolore che ho 'assaggiato' con gli occhi nel pomeriggio!
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