lunedì 29 aprile 2013

Nella politica paga più la trasparenza o l'inciucio?

In questi tempi di ripulizia politica (apparente o reale che sia), la risposta mi sembra ovvia. Tuttavia, sono ormai avvezza ad aspettarmi di tutto e, quindi, anche l'inciucio da parte di chi apertamente professa e si batte per la trasparenza in politica.
Cos'è innanzitutto la politica? 
La prima definizione (dal greco πολιτικος, politikós) risale ad Aristotele ed è legata al termine polis, che in greco significa città, la comunità dei cittadini; secondo il filosofo, "politica" significava l'amministrazione della polis per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano. 
Dunque, questa la definizione di ciò che la politica dovrebbe essere. Cruciale per il suo stesso esistere e manifestarsi è la partecipazione di tutta la collettività.
E proprio qui, cari miei, sta il punto nodale della questione. Le vicende politiche degli ultimi anni, disdicevoli e condannabili sotto molteplici aspetti, hanno fatto sì che il cittadino medio non identifichi più la politica come l'esercizio di un potere, democraticamente conferito ad alcuni, per il perseguimento del bene collettivo, bensì come lo strumento nelle mani di pochi per il perseguimento di interessi particolari, se non addirittura personali. 
Che fare, a questo punto, per ricucire lo strappo? Come recuperare l'indispensabile consenso non delle lobbies, dei gruppi di potere, dei grandi elettori, ma piuttosto della collettività di cui tutti facciamo parte?
La risposta è più semplice di quanto immaginiate: pensate con la vostra testa, esercitate davvero autonomamente il vostro diritto di voto, sulla base di pochi indicatori. La semplicità, l'entusiasmo, la comprensibilità, la modestia, lo spirito di gruppo del candidato dovranno guidarvi nella scelta. Viceversa, rischierete di contribuire a preparare la solita minestra, ma, stavolta, non avrete scusanti: dovrete buttarla giù tutta senza fiatare! 


lunedì 22 aprile 2013

La pazienza è la virtù dei forti... o no?

Che dire? Per cominciare, parliamo di una virtù che, come tante altre, è ormai caduta in disuso.
Pare che oggi chi riscuote più consensi ed è maggiormente apprezzato sia colui che si mostra più intransigente ed intollerante. E' questa l'epoca delle parolacce, delle sgomitate, degli strilli, dell'esasperata e, spesso, ingiustificata insofferenza verso tutto e tutti. Non vi è più alcuno spazio per un confronto pacato e moderato, non vi è più alcuna disponibilità ad incontrarsi a metà strada per trovare una soluzione che possa soddisfare al meglio, non vi è più la pazienza di attendere che i frutti maturino: si vuole tutto subito, secondo le proprie regole (o meglio, in assenza di regole), e, se ciò non accade, un bel colpo di spugna, senza crearsi troppi scrupoli.
E, invece, bisognerebbe comprendere che la pazienza è un grande dono, che, unito, alla perseveranza, permette di raggiungere qualsiasi obiettivo. A differenza dell'intolleranza e della protervia, non miete vittime lungo il cammino, ma tende sempre alla conciliazione e alla condivisione.
Naturalmente, l'esercizio di questa virtù non è assolutamente semplice, soprattutto se contestualizzato nella moderna società. Occorrono un autocontrollo e un equilibrio non indifferenti che necessitano di un vero e proprio 'allenamento' quotidiano. Come bene ha detto Jean Jacques Rousseau La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce
Saremo abbastanza tenaci da mettere da parte la pigrizia e cominciare seriamente il nostro allenamento? 



giovedì 18 aprile 2013

Avete mai perso un'occasione importante nella vostra vita?

Penso che  la risposta sarà positiva nella maggioranza dei casi. Tutti noi rimpiangiamo di non aver colto delle opportunità o di non essere stati sufficientemente tempestivi in frangenti cruciali.
L'idea che 'il treno sia passato' e che non sarà più possibile saltarci su, provoca in noi una sensazione di vuoto e di smarrimento, di impotenza e di rabbia, che ci logora fin nel profondo dell'anima e ci aggroviglia lo stomaco in un tumulto di emozioni che non siamo in grado di governare.
Ci sentiamo in trappola, senza alcuna via di uscita, e il nostro disagio tanto più si accresce quanto più siamo consapevoli di aver dato una mano alla sorte nel provocare questa indesiderata circostanza.
Che fare? Come convivere con questo incolmabile rammarico?
Ebbene, desidero tranquillizzarvi immediatamente.
Innanzitutto, non dimenticate mai che il tempo cura tutte le ferite e, dunque, ciò che oggi vivete come una tragedia insormontabile, domani vi sembrerà sicuramente un evento contrastabile.
In secondo luogo, non perdete mai di vista il vero focus di tutta la questione, ossia voi stessi e il vostro  reale valore. Sono questi dei dati stabili che sta a voi rinsaldare ed accrescere nel tempo. Se siete sicuri e consapevoli delle vostre capacità, allora vi assicuro che un'occasione apparentemente persa diverrà il presupposto di nuove opportunità, opportunità che potreste essere addirittura voi stessi a creare, proprio sulla spinta della momentanea delusione.
In altre parole, non esistono occasioni perse, ma piuttosto infinite possibilità da cogliere. Tocca a noi lavorare su questo aspetto anziché fossilizzarci su uno sterile rimpianto.



martedì 16 aprile 2013

Quanto conta l'orgoglio nel rapporto di coppia?

Molto, ve lo assicuro, ma, come in tutte le cose, non bisogna esagerare, perché, si sa, il troppo stroppia! Tento di essere più chiara, premesso che, come al solito, do un'interpretazione del tutto personale al tema trattato. 
Cos'è l'amore? Domanda difficilissima, ma la prima risposta che mi viene in mente è: "un compromesso". Badate bene, non che io sia contro il romanticismo, la passione, il feeling e via di questo passo, ma, se ci pensate bene, l'amore è duraturo solo quando la coppia condivide e rispetta giorno dopo giorno un accordo, tacito o manifesto che sia, che riguarda l'osservanza di determinati principi e di comportamenti rispettosi per la controparte.
Ovviamente, come qualunque compromesso, anche l'amore comporta delle rinunce per ciascuno dei componenti la coppia, ma sono rinunce a cui ci sottoponiamo volontariamente e, direi, quasi con dedizione ed abnegazione. Sono il caposaldo del rapporto stesso, senza le quali esso perderebbe quel senso di immedesimazione, di compenetrazione, di fusione dei due in uno che gli è proprio.
Dunque, l'amore, di ogni tipo, e, quindi, anche quello di coppia, è sicuramente l'espressione più nobile dell'altruismo ed è questo il motivo per cui non può andare d'accordo con un atteggiamento esageratamente orgoglioso.
L'orgoglio non deve mancare nel momento in cui rappresenta un baluardo per l'amor proprio, che nulla, neanche il rapporto di coppia, può svilire. Ma è sicuramente deleterio quando viene esasperato fino ad anteporre la stima eccessiva di sé a quell'incontrarsi a metà strada che è l'amore.
Del resto, chi meglio di Jane Austin in Orgoglio e pregiudizio, poteva darne una definizione? Eccola:
L'orgoglio è un difetto assai comune. Da tutto quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente; che la natura umana vi è facilmente incline e che sono pochi quelli che tra noi non provano un certo compiacimento a proposito di qualche qualità - reale o immaginaria - che suppongono di possedere. Vanità e orgoglio sono ben diversi tra loro, anche se queste due parole vengono spesso usate nello stesso senso. Una persona può essere orgogliosa senza essere vana. L'orgoglio si riferisce soprattutto a quello che pensiamo di noi stessi; la vanità a ciò che vorremmo che gli altri pensassero di noi.
E, adesso, come sempre, lascio a voi la parola...


giovedì 11 aprile 2013

Quale personaggio delle fiabe vorreste essere e perché?

Rammentate i tempi in cui ci venivano lette delle belle fiabe per conciliare il nostro sonno? Tempi in cui non esistevano ancora computers, tablets ed altre diavolerie simili, ma solo i vecchi, buoni libri, compagni di avventura della nostra fantasia e dei nostri mondi immaginari.
Ricordo con immenso piacere i momenti in cui leggevo, anzi divoravo, le fiabe dei fratelli Grimm, di Hans Christian Andersen, di Charles Perrault, consumando letteralmente con gli occhi le illustrazioni da cui cercavo di carpire ogni minimo dettaglio per immedesimarmi il più possibile con la vicenda narrata.
Di fatto il bambino soffre e si rallegra insieme ai personaggi delle fiabe come se il loro dolore fosse il suo dolore, le loro lacrime le sue lacrime, la loro felicità la sua felicità. Ogni atto di bontà ha la propria ricompensa e ogni cattiveria viene punita. Il bene vince sempre sul male, anche se, in questo processo, il bambino sperimenta come il male possa sopraggiungere all'improvviso, come ciò provochi in lui paura sin nel profondo della sua anima e come la vittoria della giustizia e del bene sia per lui liberatoria e consolatoria.
Dunque, la fiaba ha un respiro etico amplissimo che contribuisce in maniera insostituibile a fondare e a rendere solida la moralità del bambino. Questo aspetto è sottolineato egregiamente dalle parole dei fratelli Grimm: "Le fiabe vengono raccontate ai bambini affinché, in una luce pura e lieve, i primi pensieri e le prime forze del cuore si sveglino e crescano."
La fiaba che sopra ogni altra prediligo sono Le avventure di Pinocchio, di Carlo Collodi. Dire che questo è un testo che venero è assolutamente riduttivo, poiché ritengo che esso sia un concentrato magistrale di tutti gli insegnamenti che andrebbero trasmessi ai futuri uomini e donne. Non a caso, è stato il primo libro di narrativa che ho regalato a mia figlia e, di tanto in tanto, ci soffermiamo a leggerne insieme qualche pagina, forse più per il mio diletto che per il suo.
Per quanto la valenza pedagogica di quest’opera sia indiscutibile, è anche vero che nessuno identifica l’incontenibile burattino come latore di valori morali o come il simbolo del bene che trionfa sul male. In realtà, se questo racconto continua ad essere letto in tutto il mondo dopo quasi centotrenta anni, è per la simpatia senza riserve suscitata dal suo protagonista, così vicino, nelle sue debolezze ed incoerenze, ai lettori piccoli e grandi.
Quasi quasi ci lascia delusi la sua trasformazione finale in un ragazzino in carne ed ossa, poiché, se idealmente tutti desideriamo dei figli modello, ubbidienti, rispettosi e bravi a scuola, tuttavia, nel nostro immaginario continuiamo a propendere per il burattino birbante e per le sue strabilianti peripezie.
Sarà forse perché il suo cambiamento rappresenta un po’ l’emblema malinconico del passaggio dalla magica libertà infantile ai doveri e alle responsabilità della vita adulta.
E, si sa, tutti noi vorremmo tornare ad essere bambini!








mercoledì 10 aprile 2013

Siete esageratamente, mediamente o moderatamente gelose?

Cercando sul dizionario la definizione di gelosia, leggo: "Sentimento di chi ha paura di vedersi sottratto l'oggetto del proprio amore".
Dunque, già dalla pura e semplice definizione intuiamo che la gelosia innanzitutto non è un sentimento positivo, poiché essa è invariabilmente sinonimo di insicurezza personale. A ciò si aggiunge il suo lato forse più odioso e meno tollerabile, ossia il diffidare della persona amata, cosa che reputo totalmente riprovevole oltreché villana. 
Fatte queste premesse, che, naturalmente, sono una mera opinione personale, soffermiamoci adesso sul grado della gelosia.
Se rientrate nella categoria A), ossia quella delle 'esageratamente gelose', vi consiglio vivamente, soprattutto ai fini della sopravvivenza del vostro legame, di correggere, e non di poco, il tiro. Mi spiego meglio: è indispensabile che facciate, innanzitutto, una seria autoanalisi, scandagliando per bene tutte le vostre insicurezze, poiché siate pur certe che, qualora non riusciate a colmare quelle insicurezze, la gelosia sarà la tomba del vostro amore.
Se rientrate nella categoria B), quella delle 'mediamente gelose', già cominciamo a ragionare. Certo, l'effetto che la vostra possessività produce sulla persona amata dipende dal suo grado di autostima, poiché chi è consapevole delle proprie capacità, non ha certo bisogno di trovare in altri la conferma al proprio valore. E, dunque, eccessive attenzioni da parte vostra potrebbero essere fraintese e produrre effetti indesiderati.
Se rientrate nella categoria C), quella delle 'moderatamente gelose', allora la gelosia può divenire davvero l'altra faccia dell'amore, poiché, citando Francesco Algarotti, Pensieri diversi (1765), la gelosia ha da entrar nell'amore, come nelle vivande la noce moscata. Ci ha da essere, ma non si ha da sentire.
Tuttavia, tanto per citare un altro aforisma, io sono assolutamente d'accordo con Robert Anson Heinlein, quando in Lazarus Long l'Immortale (1973), afferma: Una persona competente e sicura di sé è incapace di ogni sorta di gelosia.
E adesso tocca a voi...



martedì 9 aprile 2013

Avete mai pensato di andare a vivere all'estero? Dove?

Quella di trasferirsi all'estero è un'affermazione che sempre più spesso è dato sentire da gente di ogni ceto ed età. Il motivo è sicuramente da ritrovarsi nel malcontento generalizzato nei confronti dei servizi pubblici, della burocrazia, ma, in particolare, della cosiddetta 'casta politica' che spadroneggia nel nostro paese.
Siamo tutti così amareggiati ed arrabbiati che la scelta più logica ci sembra quella di abbandonare tutto e ricominciare daccapo altrove. Naturalmente, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di propositi alimentati dalle emozioni, piuttosto che dal raziocinio e, dunque, propositi destinati a rimanere tali, mere scappatoie mentali in cui ci rifugiamo per dare voce al nostro disagio e al nostro risentimento.
Eppure, io sono una di quelle che è ricorsa ripetutamente a questa affermazione con la seria intenzione di metterla in atto, e non perché fossi insoddisfatta del mio paese, ma piuttosto perché, da buona Gemelli amante dei viaggi, mi innamoravo perdutamente di tutti i luoghi che visitavo, trovando in ciascuno di loro colori, odori, cibi, gente o un altro particolare che sicuramente non avrei più incontrato altrove.
I due paesi che maggiormente mi hanno rapito sono stati la Danimarca e la Spagna. 'Possibile?', direte voi, visto che si tratta di due realtà praticamente agli antipodi. Sì, lo ribadisco: Danimarca e Spagna. Probabilmente, nella loro profonda diversità, mi attirano per il fatto di compensarsi a vicenda, soddisfacendo ampiamente tutte le prerogative che il mio luogo ideale dovrebbe possedere: la Danimarca mi è piaciuta per la impareggiabile cordialità della gente, per la gioia di vivere che traspare dal loro viso, per l'ordine e l'efficienza; la Spagna l'ho apprezzata per il clima temperato, per l'idioma travolgente, per le bellezze naturali ed artistiche.
Eppure, alla fine, sono rimasta qui, come tutti, forse perché sono ancora alla ricerca di un posto che sia in grado, nel bene e nel male, di eguagliare il mio Bel Paese!



venerdì 5 aprile 2013

Quando le proprie passioni diventano un lavoro...

Molte delle amiche che mi contattano tramite il mio blog o la posta elettronica mi sottopongono spesso questa domanda: "Ma è possibile che le proprie passioni diventino anche un lavoro che va via via a sostituire quello tradizionale?"
Naturalmente, capite bene che il quesito è tutt'altro che semplice, per non parlare, poi, della risposta... 
E' anche vero che, in qualità di 'rivoluzionaria', sono la persona adatta a cui porre questo tipo di domanda. Ebbene, la mia risposta, ovviamente, non è mai stata un categorico 'no', ma ho sempre aperto qualche spiraglio (e, forse, anche un'intera porta) di possibilità e di speranza. Da dove deriva tutto questo mio ottimismo? Sicuramente almeno in parte dal mio carattere volitivo e solare e dalla consapevolezza delle mie capacità e dei miei limiti, ma la quasi certezza che il sogno di ciascuno di noi possa diventare realtà l'ho mutuata dal mio peregrinare in internet alla ricerca di iniziative imprenditoriali handmade, trasformatesi, poi, in attività di successo.
Essendo una blogger, l'universo in rete che mi attira di più è proprio dei blogs, ossia dei diari on-line. Ce n'è per tutti i gusti: dal cibo al bricolage, dal cucito e ricamo al make-up, dalla lettura e scrittura al giardinaggio. Sono tutti siti di persone comuni che, avendo una passione, la espongono in rete con l'intento di far conoscere le proprie abilità unitamente alle proprie produzioni. Il blog diviene, così, un luogo di incontro virtuale di coloro che coltivano la stessa passione e che, grazie ad internet, possono trarre ispirazioni, scambiare opinioni e conoscenze, ma, addirittura, imparare da zero. Sì, avete capito bene, in quanto i siti più avanzati, che sono anche quelli con un maggior numero di lettori (i cosiddetti followers), mettono a disposizione del visitatore un'ampia gamma di tutorials, ossia video o sequenze fotografiche in cui, passo dopo passo, viene spiegato come realizzare una torta, un ricamo o una creazione sartoriale.
I blogs che seguo sono tanti, ma la mia lista dei preferiti ne annovera solo alcuni, che, almeno per i miei gusti, si distinguono per originalità e, soprattutto, per la forte personalità dei bloggers (in realtà, le mie preferite sono tutte donne!)

Ecco alcuni esempi:
Le Sartine della mia amica Anna
Andante con gusto della mia amica Patrizia
filo-so-pia di Pia, che ho scoperto da poco, ma che trovo eccezionale sotto vari aspetti, soprattutto quello grafico.

Tutte donne che, quasi sempre per caso, hanno cominciato la loro avventura su internet, avventura che, poi, è diventata una sfida stimolante e divertente e che ora trova riscontro anche in crescenti soddisfazioni personali.

Insomma, care signore, a questo punto non vi resta che osare e, naturalmente, tenermi aggiornata!







mercoledì 3 aprile 2013

Meglio single o sposati?

Dare una risposta univoca è, come sempre, impossibile.
Stando alla vox populi, mi sembra che i più convinti del loro status siano i single piuttosto che gli sposati. Una delle ragioni è forse da ricercare in un diffuso luogo comune, secondo il quale il matrimonio sarebbe la tomba dell'amore.
Essendomi convertita alla vita coniugale solo in tarda età (a 35 anni suonati!) ed avendo, quindi, sperimentato a lungo la condizione di single, devo ancora una volta dissentire. Naturalmente, ciascuno di noi si fa portatore della sua esperienza, del suo vissuto interiore, del suo modo di approcciare e concepire la vita. Sta di fatto che, almeno dal mio punto di vista, l'essere single non può considerarsi una condizione invidiabile se esso diventa uno status permanente. Il completamento di un individuo, a prescindere se si tratti di un uomo o di una donna, avviene sempre nel confronto quotidiano con un'altra persona, con la famosa 'altra metà della mela'. Con questo non intendo affermare che ad un certo punto della nostra vita dobbiamo necessariamente sposarci. Intendo solo dire che, se, come nel mio caso, la nostra strada incrocia quella di una persona che vibra delle nostre stesse frequenze, allora vale la pena raccogliere la sfida che il destino ci pone dinanzi e provare a costruire insieme a quella persona qualcosa di nuovo e di stimolante. L'impresa non è semplice e il risultato non è garantito, ma è di certo meglio che sottrarsi alla vita, rifugiandosi nella comoda condizione di single
E voi, cosa ne pensate?


martedì 2 aprile 2013

Come sopravvivere felici alle festività pasquali

Chi di voi non è uscito malconcio e con qualche chilo in più da questa breve, ma, purtroppo, intensa parentesi pasquale, alzi la mano e si faccia avanti, poiché sicuramente siamo tutti curiosi di conoscere i segreti per sopravvivere alle esperienze che ti 'segnano' la vita. E la Pasqua, come del resto il Natale, rientra senza ombra di dubbio in questa categoria, almeno dal punto di vista gastronomico...
Premesso che quasi l'intera gamma delle pietanze pasquali non incontra i miei gusti, capirete bene che, almeno nel mio caso, il danno si aggiunge alla beffa: la bilancia segna un chilo in più (e mi è andata di lusso!), ma il mio palato è rimasto del tutto insoddisfatto.
Cosa fare, allora, per riacquistare la linea, ma, soprattutto, il buonumore dopo lo tsunami pasquale?
Innanzitutto, smistate prontamente e senza alcun ripensamento o debolezza tutti gli avanzi dei pranzi festaioli: i destinatari possono essere parenti, amici, ma anche conoscenti che magari hanno cani o gatti di bocca buona, purché, naturalmente, siate sicuri di non offendere la loro sensibilità. 
In secondo luogo, uscite senza indugio a fare una spesa a base esclusivamente di frutta, verdura, legumi e cereali e depuratevi con cibi di origine vegetale per almeno una settimana.
Vi suggerisco di abolire anche il latte, concedendovi semmai uno yogurt a colazione o a merenda.
Mi sembra superfluo consigliarvi di rifuggire drasticamente da uova, ovetti e conigli di cioccolata, che attenterebbero senza possibilità di appello alla vostra linea e alla levigatezza della pelle del vostro viso (mi riferisco agli odiosi brufoli!).
A tutto ciò aggiungete ogni giorno un'ora buona di jogging o camminata veloce o altra attività fisica e il gioco è fatto: vi assicuro risultati più che soddisfacenti già nelle prime due settimane.
E se... e se, invece, di tutto 'sto supplizio, cedessimo alle lusinghe delle uova di cioccolata? Sicuramente il nostro umore andrebbe a picco e la bilancia fuggirebbe alla nostra vista, ma, per lo meno, il nostro palato avrebbe la sua rivalsa mega, iper, super-goduriosa!