martedì 10 maggio 2011

Il Monte dei Paschi di Siena bussa sempre due volte!

'O pparlà chiaro è fatto pe' l'amice
(Il parlare chiaro è fatto per gli amici)

Questo proverbio trova il suo equivalente italiano nel famoso Patti chiari, amicizia lunga, motto che, se osservato nei rapporti con gli altri, permetterebbe di evitare parecchie delusioni e, in taluni casi, vere e proprie rotture. Perché, a ben vedere, all’origine dei litigi che portano ad allontanamenti definitivi, vi è sempre un’incomprensione di fondo, magari lieve, che il mancato chiarimento ingigantisce al punto da far degenerare il rapporto.
In base alla mia esperienza personale, devo ammettere che non sempre ho dato ascolto all’adagio in questione. Il motivo è da ricercare essenzialmente in una sorta di sensibilità mista a pudore che spontaneamente nutro nei confronti dell’amico e che fa sì che molte intese vengano prese tacitamente piuttosto che esplicitate verbalmente. Difatti, mi sembra quasi che sottolineare con la parola l’affiatamento suggellato dal magico rapporto dell’amicizia costituisca qualcosa di simile alla profanazione di un tempio. E’ come se venisse messo in dubbio il telepatico scambio di sensazioni e di emozioni che si stabilisce tra due amici, scambio che la parola detta varrebbe solo a svilire anziché a rafforzare. Il problema è che spesso attribuiamo agli altri, soprattutto se trattasi di persone a noi care, la nostra stessa sensibilità o educazione, e, pertanto, ci aspettiamo che esse si comportino allo stesso modo in cui ci comporteremmo noi nella medesima situazione. Quando ciò non si verifica, ne scaturisce un inevitabile senso di delusione, generato soprattutto dalle aspettative, disattese, che avevamo riposto in quella persona. Alla delusione si accompagna anche la prostrazione, causata dal prendere atto della fallibilità delle nostre valutazioni riguardo al prossimo. Dunque, quando un’amicizia si incrina, la conseguente amarezza deriva non solo dal comportamento manchevole imputabile all’amico, ma anche dalla consapevolezza di ciò che, d’altro canto, avremmo potuto fare o dire per evitare che la situazione precipitasse.
Alla luce di tutte queste considerazioni, penso che, in definitiva, sia opportuno non dare per scontati i comportamenti altrui, anche se riteniamo di poterli prevedere nei minimi particolari. Meglio peccare di franchezza, a costo di apparire indelicati agli occhi dei nostri amici, ma porre le basi per un rapporto chiaro, duraturo e di reciproco rispetto! Non lo pensate anche voi? Del resto, i detti antichi non sbagliano mai…
E adesso ritorniamo alla mia modesta autobiografia! Il 2009, ultimo anno da casalinga, visto che (in teoria!) avrei dovuto vestire nuovamente i panni da bancaria a partire dal 2010, stava letteralmente volando! Ogni giorno trascorso veniva crocettato nel mio calendario mentale come 24 ore sottratte al tempo residuo di libertà! Insomma, il rientro a lavoro, che per molte mamme incarna l’evasione dalla prigionia domestica, per me rappresentava, invece, un vero e proprio incubo. Il mio regno era diventato la Casa, il mio re mio marito e le mie ancelle e cavalieri i miei figli. In quel mondo non era previsto sottostare a regole che non fossero quelle autoimposte, ingurgitare la colazione, scapicollarsi per essere sempre puntuali, guidare in stato di semi-incoscienza maledicendo la sveglia che aveva interrotto il più beato dei sonni, combattere con clienti fuori dal tempo presente che pretendono dai loro investimenti un rendimento del 200%, accontentarsi di un panino di gomma nella laconica pausa-pranzo, tornare a casa con l’utilitaria più stufa di te di fare sopra e sotto, riprendere un’altra giornata di lavoro appena varcata (con un solo piede!) la soglia domestica, scaricare sulle persone che ti circondano (marito e figli) tutto il peso dello stress accumulato a seguito della meravigliosa giornata! E l’indomani, tutto riprende esattamente uguale al giorno precedente: altro giro, altra corsa! Ma dove porterà, poi, tutto questo correre?
Lo scenario futuro, verosimile al 99% a quello prospettato, non mi allettava neanche un po’! Persino stordita da una massiccia miscela di vodka siberiana ed ecstasy, non avrei potuto vederla diversamente!
Mi attivai, pertanto, per sapere se esisteva un’ulteriore possibilità di prolungare il soggiorno a casa oltre quanto mi fosse già stato concesso. Scartata la possibilità di mettermi in malattia, visto che malata non ero (anche se, purtroppo, questa è una pratica di cui qui in Italia si abusa), mi fu suggerita come unica prospettiva quella di rivolgermi direttamente all’Ufficio del Personale a Siena, chiedendo per motivi familiari una deroga di qualche mese, ovviamente non retribuita. Inoltrai la richiesta tramite sindacato e, sinceramente, non so come né perché, il termine per il rientro a lavoro venne slittato di sei mesi.
La mia euforia era alle stelle, sebbene fossi consapevole che dopo 180 giorni il problema MPS, invariato, avrebbe bussato di nuovo alla mia porta. Ma, nel frattempo, poteva succedere di tutto, o, almeno, questa era la mia illusione! 
 


3 commenti:

  1. 'O pparlà chiaro è fatto pe' l'amice

    parole sante! (ue, mi sto esercitando :oD)

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  2. tutto questo ragionamento che hai fatto sulla comunicazione lo condivido in pieno!

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  3. @ Kermit: Bravo, guagliò!
    @ Guchi: Grazie, Guchi. Alla prossima!

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