La necessità aguzza l'ingegno
Posso confermare che il proverbio di oggi non mente e penso possiate fare lo stesso anche voi! Chi di noi non si è trovato improvvisamente in difficoltà, senza un’apparente via di uscita e, poi, alla fine, ragionando con un po’ di calma, ha scovato il cosiddetto escamotage, la via di fuga dell’ultimo momento?Ciò che, a mio avviso, è sorprendente sta nel fatto che la necessità ci spinge ad ingaggiare una sfida con noi stessi, con i nostri limiti e con le nostre paure, palesando risorse che non ritenevamo possibile ci appartenessero e che, pure, nel momento del bisogno, siamo stati in grado di pescare nel profondo delle nostre energie e della nostra vitalità! Si dice anche che si fa di più con l’ingegno che col denaro, e anche questa è una verità indiscutibile, visto che l’ingegno, essendo un talento, rende genio chi lo possiede, mentre il danaro rende semplicemente ricchi nel senso materiale del termine. E se, come me, condividete la sequenza Essere – Fare – Avere, allora sono sicura che anche voi ritenete che il vero ricco sia l’ingegnoso piuttosto che il facoltoso. Del resto, l’esaltazione dell’ingegno a discapito di altre qualità come la forza o la ricchezza, risale a tempi remotissimi. Ricordate la famosa favola di Esopo La cornacchia e la brocca? Eccola qui:
Una cornacchia, mezza morta di sete, trovò una brocca che una volta era stata piena d'acqua. Ma quando infilò il becco nella brocca si accorse che vi era rimasto soltanto un po' d'acqua sul fondo.
Provò e riprovò, ma inutilmente, e alla fine fu presa da disperazione.
Le venne un'idea e, preso un sasso, lo gettò nella brocca.
Poi prese un altro sasso e lo gettò nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Piano piano vide l'acqua salire verso di sé, e dopo aver gettati altri sassi riuscì a bere e a salvare la sua vita.
E adesso, dalla pillola di saggezza quotidiana, passiamo ad un altro piccolo tassello della mia vita.
I quaranta giorni targati honeymoon erano agli sgoccioli ed il rientro in Italia vicinissimo. Trascorremmo gli ultimi scorci di libertà visitando i dintorni di San Francisco. In particolare, fu deliziosa la puntata a Monterey, con la sua incantevole baia e la sua natura incontaminata. Le spiagge lambite dall’oceano hanno un fascino particolare, molto diverso da quello che caratterizza le coste nostrane. La sensazione che si prova di fronte all’oceano è un forte turbamento, un misto di attrazione e timore, di rapimento e di riverenza: si ha la consapevolezza di essere di fronte ad un gigante, sconfinato e dai profondissimi abissi, che sa essere pacato, ma che può diventare minaccioso ed ostile al di là di ogni ragionevole immaginazione.
Con noi il colosso salato ostentò il suo lato più mite ed indulgente: la nostra passeggiata sulla spiaggia fu accompagnata da un andirivieni delle onde lento e ritmato, come la più dolce delle canzoni d’amore! Anche il sole della California non volle essere da meno: per non sfigurare di fronte a quell’infinita distesa fluttuante, che ogni giorno lo accoglieva nelle sue profondità, ci regalò il tramonto più romantico che si potesse desiderare.
Insomma, in quei quaranta giorni, l’America dai mille volti e dalle mille risorse ci aveva mostrato e donato il meglio e, talvolta, anche il peggio, di sé. Ma una cosa era certa: era stato un viaggio anche dentro di noi, come singoli, ma soprattutto come coppia, alla stregua, parafrasando Gibran, della quercia e del cipresso che, pur stando vicini, non crescono mai l’uno all’ombra dell’altro.
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