Chi ha tempo non aspetti tempo!
E’ ciò che mi piace ripetere ai miei figli, ed in particolare alla mia primogenita, Aurora, sette anni, quando devono assolvere ai loro compiti di bambini e temporeggiano. Si sa che, in particolare quando si è piccoli, il piacere prevale sempre sul dovere e cercare di ricondurre un bambino al senso di responsabilità è impresa ardua, soprattutto perché quel senso è in lui naturalmente poco sviluppato se non inesistente. Pertanto, l’unico modo in cui riesco più o meno a fare breccia nella volontà ferrea di Aurora è quello di prospettarle il tempo che avrà a sua disposizione per giocare e divertirsi spensieratamente se solo prima dedica un’ora, una piccola, misera ora dell’intero pomeriggio, a fare i compiti.
In genere, riesco nell’impresa, ma, se la fortuna non mi arride perché la piccola guerriera si ostina a tergiversare, allora, quando la metto alle strette e le dico che, data l’ora, i compiti vanno fatti senza altre scusanti, lei solitamente comincia a protestare… E sapete, a quel punto, come metto fine al moto insurrezionale? Dicendole che se lei non ha aspettato il tempo, ora è il tempo che non può più aspettare lei!
E ritorniamo alle imprese della bancaria in erba…
Il soggiorno all’agenzia di città n. 6 comportò, come vi ho già accennato, un notevole impegno, sia fisico che mentale. Non ero abituata a fronteggiare senza sosta un esercito di clienti che tutti i giorni assediavano la filiale ancor prima che gli sportelli aprissero al pubblico. I ritmi di lavoro erano così intensi che non avevamo neanche il tempo di andare al bar a prendere un caffè. Fortunatamente, sopperiva la bontà (o, forse, la pietà!) dei correntisti che, immancabilmente ci facevano pervenire un buon approvvigionamento dal vicino bar–pasticceria.
Con il passare dei giorni, la mia manualità e la mia abilità andavano migliorando, anche se non potevo essere definita propriamente un fulmine: a fine giornata, il numero delle operazioni compiute dalle colleghe era decisamente superiore al mio. Tutto ciò mi veniva fatto notare quotidianamente, con costanza molesta, dal mio direttore che, probabilmente, pensava, in questo modo, di mettermi il sale sulla coda e trasformarmi in una sorta di automa. Egli mi consigliò, addirittura di acquistare un libro in cui qualche folle prodigava consigli agli schiavi moderni circa i modi di aumentare la loro produttività. Non sapeva, il poverino, di essere incappato in una guerriera vestita da angelo. Con i miei modi gentili, immancabilmente svicolavo, e, se proprio il tipo voleva il faccia a faccia, non mi tiravo certamente indietro, anzi, mi divertivo ad affilare la mia dialettica, fino a portare l’affondo finale. Ed allora, non ce n’era per nessuno!
Alla fine, il direttore dovette rassegnarsi e limitarsi a commentare da solo i tabulati di fine giornata…
In realtà, egli, con il passare del tempo, fu costretto a riconoscere che la mia minore velocità era compensata da un valore aggiunto di tutto rispetto: da buona Gemelli ascendente Gemelli, naturalmente incline alla comunicatività, amavo stabilire un rapporto di cordialità ed amabilità con i clienti, molti dei quali, alla fine, preferivano un’operazione più lenta, ma servita con allegria e buonumore. E in una filiale congestionata come quella di Fuorigrotta, stemperare un po’ l’atmosfera pesante e carica di stress che spesso veniva a crearsi, era proprio ciò che ci voleva!
A poco a poco andavo prendendo confidenza con la nuova realtà da cui ero stata letteralmente travolta e rispetto alla quale non vi era stata alcuna possibilità di graduale adattamento. Ma, com’è tipico della mia natura, fui in grado di prendere solo il meglio anche da quell’esperienza, rendendomi impermeabile alle situazioni o alle pressioni che mi stavano troppo strette.
Svolsi sempre al meglio il mio lavoro, ma non permisi mai al lavoro di imprigionarmi nei suoi ingranaggi. Mai feci uno straordinario oltre l’orario previsto, cosa, invece, comune a buona parte dei miei colleghi, soprattutto se fuori sede. Ritenevo che al di là di quelle quattro mura pulsasse la vita, quella vera, e sette ore e mezzo sacrificate al lavoro mi sembravano più che sufficienti…
Certo che un'esperienza lavorativa a Napoli in una banca importante nella filiale di Fuorigrotta segna la vita!
RispondiEliminaDa Siena a Napoli .....
Nel senso che, credo, rappresenta un'esperienza di vita veramente importante.
Provenendo dalle colline senesi percepisco il tuo sgomento iniziale.
E' bello quello che hai scritto a proposito del non farsi imprigionare dagli ingranaggi del lavoro. Mettere al primo posto la propria vita privata è cosa sempre più rara.
Un carattere forte e determinato.
Continuo a seguirti con attenzione.
Ciao.
p.s. ti ho ringraziato per il premio sul mio blog. Grazie ancora. A presto.
"Non sapeva, il poverino, di essere incappato in una guerriera vestita da angelo."
RispondiEliminaAhahaha!!
Mai sottovalutare l'avversario!!!
Bella storia!!
Ps. mi sembra che anche tua figlia non sia da meno!!