mercoledì 2 febbraio 2011

E correvo, correvo, correvo...

Da cosa nasce cosa

Avete mai pensato a quante occasioni abbiamo perso nella vita a causa della nostra indolenza, della nostra misantropia, dell’attaccamento alle nostre abitudini? Vi assicuro molte, in quanto è assolutamente vero che, per ottenere risultati diversi, dobbiamo fare cose diverse. Ciò significa uscire dalla nostra area di comfort, quella in cui ci sentiamo a nostro agio e in cui abbiamo i nostri  punti di riferimento, e cimentarci in qualcosa di nuovo, non ancora sperimentato. A questo punto, mi chiederete come fare. Beh, la risposta è soggettiva: fate cose che non avete mai fatto prima, come andare in palestra, iscrivervi ad un corso di recitazione, frequentare una nuova associazione e vedrete che sempre, inevitabilmente, “da cosa, nasce cosa”!
E adesso, se me lo consentite, in questo post vorrei fare un passo indietro, agli anni in cui ero ancora studentessa universitaria. Come vi ho già detto, la mia permanenza toscana fu più simile ad una vacanza che ad un soggiorno di studio. Questa percezione si acuiva, in particolare, con il sopraggiungere della bella stagione, allorquando quel piccolo gioiello medievale che è Siena si vestiva di nuovi odori e di nuove luci.
In me è ancora vivido il ricordo dei freschi profumi bagnati di rugiada che in primavera si sprigionavano dalla natura in fiore, così come il ricordo dei riflessi caldi del tramonto estivo che avvolgevano in un mantello infuocato il cotto delle abitazioni, delle basiliche, delle strade.
Sembrava quasi che la città fosse un albero secolare cui l’inverno strappava il suo vigore, ma che, immancabilmente, risorgeva a nuova vita allorquando la tiepida brezza della primavera e la fluida energia dell’estate le restituivano rinnovato splendore.
Le mie giornate erano cadenzate da impegni fissi, quali la frequenza universitaria al mattino e lo studio il pomeriggio. Ma, adempiuti i miei doveri, lasciavo che la città mi conducesse per mano a scoprirne le celate bellezze e a sussurrarmi gli aviti segreti.
In particolare, il momento che più di ogni altro suggellava questo magico connubio si racchiudeva nell’ora che ogni giorno, prima del calar del sole, dal mese di aprile e fino ad autunno inoltrato, dedicavo al jogging.
Ho cominciato a coltivare questa meravigliosa disciplina relativamente tardi, intorno ai vent’anni, ma vi assicuro che è stata una grande maestra di vita. La corsa, difatti, consente a chi la pratica di mettere veramente alla prova la propria forza e la propria resistenza, non solo sul piano fisico, ma soprattutto su quello mentale. Guadagnare ogni giorno cento metri in più rappresenta la conquista di un allenamento duro, costante, caparbio. E’ una conquista in cui si è soli, senza alcuno strumento o attrezzo che ti faciliti nell’impresa, se non un paio di scarpette da corsa…
Sicché, animata da questo spirito, ogni giorno uscivo di casa e iniziavo a correre. Dopo aver percorso un paio di chilometri al di qua della cinta muraria senese, attraversavo a turno uno degli antichi accessi alla città e, come, per incanto, mi ritrovavo travolta dalla marea verde della campagna toscana.
Il mio percorso preferito era quello che, attraverso Porta Romana, mi conduceva, dopo un paio di chilometri, fino alla trecentesca Certosa di Maggiano, sospesa in una dimensione surreale, aldilà del tempo. La oltrepassavo impregnata di novella energia; quindi, percorrendo un tratto sterrato e affiancato da maestosi cipressi, immaginavo di essere una inarrestabile guerriera alla quale  essi, sull’attenti, rendevano omaggio.
E proprio nel momento in cui la strada cominciava a salire e il fiato e le gambe a venir meno, ecco che a darmi nuova linfa c’era una fedele alleata, piccola nelle dimensioni, ma travolgente nell’aroma: la lavanda in fiore, che inebriava i miei sensi e mi dava rinnovato vigore.
Invertendo la direzione di marcia per tornare indietro, la stanchezza cominciava a prendere il sopravvento, ma quel miracolo della natura che mi circondava era sempre pronto a tendermi una mano o a darmi una spinta, al punto che avrei quasi voluto arrestare l’incipiente calar del sole per rimanere ancora un po’ in sua compagnia!

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