Questo proverbio dovrebbe essere bene impresso sulle targhe, ma soprattutto nella testa, di medici, avvocati, ingegneri e professionisti vari che ormai affollano, se non addirittura, sovraffollano la nostra quotidianità!
Non me ne voglia a male chi è stato insignito di uno di questi titoli dopo anni di onorata carriera universitaria! Sicuramente, tanti sono coloro che hanno messo e mettono in buona pratica il proverbio odierno, ma, purtroppo, le esperienze raccolte nel corso degli anni con persone che si spacciavano illustri professionisti sono state tutt’altro che confortanti. Essendo una persona ottimista e tollerante di natura, ho sempre concesso il beneficio del dubbio, lasciando un’ulteriore chance allo ‘scienziato’ di turno, ma l’evidenza dei fatti ha quasi sempre dimostrato che la mia fiducia era stata mal riposta.
Chiunque può constatare o testimoniare che l’incompetenza e l’approssimazione sono all’ordine del giorno, ma il dettaglio ancor più sgradevole e fastidioso è la presunzione e la boria che molti di questi soggetti ostentano. Spesso, la professione non viene svolta con coscienza, ma semplicemente rappresenta il mezzo per raggiungere il fine, ossia il denaro. Se a tutto ciò aggiungiamo una realtà innegabile, ossia che ormai c’è una vera e propria inflazione di professionisti, più di quanti realmente necessitano, il quadro diviene davvero completo. Qual è la naturale conseguenza di questa situazione paradossale? Una lotta per la sopravvivenza tra i moderni ‘poveri’, allo scopo di accaparrarsi il cliente. E ciò, naturalmente, va ad ulteriore discapito della deontologia.
E adesso, alla luce di queste incoraggianti considerazioni, torniamo alle avventure della giovane guerriera!
La permanenza all’agenzia 6, al di là di ogni mia possibile previsione, durò esattamente quanto una gravidanza, ossia nove mesi. Allo scoccare del termine, ignara di ciò che favorevoli sinergie avevano operato nei miei confronti, venni convocata nell’ufficio del direttore. Costui mi comunicò che, dalla settimana successiva, era stato disposto il mio trasferimento in Capogruppo, ossia la struttura centrale di riferimento per le filiali delle province di Napoli, Caserta e Benevento. Nella fattispecie, ero stata assegnata ad un ufficio che dipendeva direttamente dal Titolare della Capogruppo, ossia dal direttore dei direttori di tutta l’area geografica di riferimento. L’ufficio in questione si occupava di marketing e di controllo di gestione.
Inutile dirvi che l’inattesa notizia mi lasciò, a dir poco, senza parole. Da un lato, com’è tipico della mia natura, ero affascinata dall’ignoto di una diversa destinazione e di una diversa mansione, ma dall’altro mi dispiaceva lasciare la mia nuova famiglia a cui mi ero tanto legata. Tuttavia, non ci pensai su più di mezzo minuto e, seguendo, come sempre, il mio sesto senso, accettai!
Quando comunicai la novità ai miei colleghi, credetemi, non mi aspettavo reazioni così sentite e spontanee: tutti furono contenti per me, ma, allo stesso tempo, manifestarono sinceramente la tristezza di non lavorare più insieme. Vollero organizzarmi una festa di addio, durante la quale mi travolsero con regali, sorprese, ma, soprattutto, con il loro affetto! Quella festa era il segno tangibile che gli addii non esistono se si continua a riservare alle persone care un posto nel proprio cuore! E fu esattamente ciò che feci, anche per rendere meno triste la materiale separazione dall’agenzia 6!
Ricordo ancora con gioia ed emozione tutti i miei colleghi: Rosaria, la guerriera dell’agenzia, Teresa, dolce ed eterea, la mia omonima Silvana, travolgente e simpatica, oltre che preparatissima, Sandro, un gentiluomo di altri tempi, burlone e sagace, Lorenzo, su cui mi sono già ampiamente soffermata, Anna, la mamma dell’agenzia, sempre impeccabile e disponibile.
A tutti giunga con la maggiore intensità possibile il mio pensiero augurale di ogni bene e felicità!
La storia è senza fronzoli ed arriva diretta allo scopo. Un racconto bellissimo.
RispondiEliminaMi sono particolarmente piaciute le considerazioni sulla carenza e/o mancanza di deontologia professionale e ... di vita dovute al "sovraccarico" di esseri umani disposti, ogni giorno di più, a fare il triplo salto mortale con avvitamento per procurarsi il proprio tornaconto.
Duole vedere appliacate alla vita quelle che sono regole di/da mercato ovvero quelle delle domanda e dell'offerta ma, tant'è, questo mi sembra essere diventato il vissuto quotidiano: un mercato.
Senza regole, tra l'altro.
Il libero mercato, appunto.
Ciao.
Che dire Gianni? Grazie per i complimenti e per le amare riflessioni che, ovviamente, condivido appieno. Io, però, ho una certezza: che le parole e, ancor più, l'intenzione di chi le pronuncia sono più taglienti di una spada... pertanto, forte di questa certezza, confido che la rivoluzione contro il pressapochismo e il livellamento verso il basso dei valori umani si possa fare anche senza spargimento di sangue! Non credi? Io ce la sto mettendo tutta!
RispondiElimina