martedì 3 maggio 2011

Il Cuore di Napoli



Pe' 'nu monaco nun se perde 'o cunviento
Per un monaco non si perde il convento

Vorrei tanto, lo desidererei con tutta me stessa, che questo proverbio divenisse il Vangelo per i futuri amministratori della mia città, Napoli. Cosa intendo dire? Proverò a spiegarvelo alla mia maniera.
Se vi chiedo con cosa identificate Napoli, sono sicura che il 99% di voi mi risponderà camorra e munnezza. Forse l’1% azzarderà pizza e mandolino. Dunque, a queste icone del degrado e dell’invivibilità è stata ridotta la città più bella del mondo! Ma, accantoniamo per un attimo il suo impareggiabile fascino, che pure, fin da tempi immemorabili, ha incantato qualunque viaggiatore. Vorrei, piuttosto, soffermarmi sull’immane patrimonio culturale di cui essa è stata da sempre detentrice e generosa dispensatrice.
Forse non tutti sanno che il Regno delle Due Sicilie prima dell’Unità d’Italia era (e ciò è storicamente documentato) uno degli Stati più evoluti d'Europa, non soltanto in termini di ricchezza pro-capite (i 2/3 della ricchezza dell'intera penisola appartenevano al Regno delle due Sicilie), quanto, soprattutto, in termini di ricchezza sociale, culturale e scientifica.
Solo per citare alcuni primati, ivi veniva applicato il carico erariale più basso d'Europa, si registrava la più alta percentuale in Italia di medici per numero di abitanti, venne fondata la prima facoltà di economia nel mondo, venne costruita la prima ferrovia (la celeberrima tratta Napoli-Portici), venne allestita la prima flotta mercantile d'Europa. E cosa dire della Real Fabbrica della seta creata nel piccolo Borgo di San Leucio, a pochi chilometri dalla Reggia di Caserta, per volere di re Ferdinando IV? L’illuminato sovrano nel 1778 diede vita ad una città ideale, Ferdinandopoli, costruita intorno ad una reggia destinata a filanda, dove aveva luogo l’intero ciclo di produzione della seta, a partire dalla coltura dei bachi. Per la prima volta, un re sceglieva di condividere i propri spazi con gli ambienti produttivi e con le abitazioni dei tessitori, che vennero costruite tutte uguali. Ma la vera innovazione consistette nella promulgazione del Codice delle Leggi del 1789, in base al quale, tra l’altro, uomini e donne che lavoravano nelle seterie erano considerati uguali, il salario era proporzionato al merito, parte dei guadagni venivano versati in una Cassa di Carità in favore degli invalidi e dei malati. Pensate che le seterie di San Leucio ancora oggi sono attive, tanto da fornire le sete per le bandiere della Casa Bianca e di Buckingham Palace!
Per non parlare della portata innovativa e dell’efficienza di quelli che oggi definiamo servizi socio-sanitari! Già a quei tempi, era prevista l’assegnazione di case popolari, la sanità era gratuita, così come l’istruzione (Ferdinando introdusse la prima scuola obbligatoria gratuita d'Italia!). Dal punto di vista culturale, Napoli era prima in Italia per numero di teatri e di conservatori musicali, per numero di tipografie e di pubblicazioni di giornali e riviste. E l’elenco potrebbe continuare per pagine e pagine, come eloquentemente mostra il video che ho inserito di seguito.
E cosa dire dell’immane patrimonio culturale costituito dalle canzoni classiche napoletane o dal teatro del grande Eduardo, per accennare solo ad alcuni degli esempi più recenti?
Ebbene, dopo questa lista interminabile, che forse vi avrà anche tediato, mi chiedo come un intero convento sia andato perduto a causa di un unico monaco, ossia della dissolutezza, del ‘pressapochismo’, della furbizia, dell’indolenza, dell’incoscienza, della miopia di pochi che hanno permesso e continuano a permettere che la mia bella città venga ogni giorno stuprata e infangata. Non voglio cadere nei luoghi comuni, nel vittimismo o nello squallido campanilismo. Rifuggo con ripugnanza da simili atteggiamenti, che a nulla conducono se non ad acuire situazioni croniche già esistenti.
Credo, piuttosto, da inguaribile ottimista, che personalità come quelle del re Carlo di Borbone, che fu in grado di risollevare Napoli dalla corruzione e dalla miseria ed avviare un periodo di sviluppo e crescita memorabili, non siano figure in estinzione. Credo che l’impresa sia tutt’altro che semplice, ma mi piace pensare che proprio le imprese più ardue siano quelle più mirabili. Credo che, nonostante tutta la melma che quotidianamente viene riversata su di loro, i cittadini napoletani serbino ancora vivo il loro orgoglio. Credo che  tanto ci sia da fare, ma che nulla è perso finché c’è un cuore che continua a battere. E, da vera napoletana, vi garantisco che il Cuore di Napoli c’è e difficilmente ci sarà qualcuno in grado di soffocarlo!

Breve storia del Regno delle Due Sicilie

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