martedì 25 gennaio 2011

L'inizio della metamorfosi

Dove eravamo rimasti? Ah, sì! All'adunata delle care lettrici rivoluzionarie (consapevoli e non) che vestono ancora i panni di "tranquille donnine con la cosiddetta testa sulle spalle"... tutto ciò a detta di coloro che si proclamano infallibili psicologi dell'altrui personalità, ma che non sanno, poveri ingenui, di avere a che fare in realtà con vere e proprie guerriere, pronte a tirare fuori unghie e denti per dire la loro, per affermare finalmente la loro vera identità. Sto esagerando? Forse sì, almeno per quanto riguarda la metafora a cui sono ricorsa, ma di fatto penso che a molte di voi cominci a solleticare l'idea di spiazzare gli infallibili psicologi e  di spicconare le loro incrollabili certezze sul vostro conto...
Detto ciò, ritorniamo alla rivoluzionaria in erba, alla bambina di quattro, massimo cinque anni, per quello che la memoria mi consente di mettere a fuoco, e che il  suo papà, Diego, era solito chiamare "semmenzella" (traduco per i non napoletani connessi: semmenzella = chiodino usato dai calzolai, da cui il famoso detto "Quanno nun site scarpare, pecché rumpite 'o cacchio a 'e semmenzelle?" - "Se non siete calzolai, perché andate a dare fastidio ai chiodini?"-, ma, nel mio caso, trattasi, ovviamente, di un vezzeggiativo con cui mio padre mi appellava e che sta a significare una cosa piccola). Per quanto fossi, per l'appunto, minuta, ero tuttavia, fin da allora, animata da una volontà ferrea che, non avendo sempre modo di manifestarsi, date le  (giuste) imposizioni e regole di Casa Planeta, rimaneva pazientemente in attesa, fiduciosa che il domani le avrebbe prima o poi arriso.
Con il passare degli anni, la piccola guerriera cresceva e reclamava le sue ragioni in maniera via via più impellente, ma, avendo a che fare con un padre napoletano di origini sicule (per maggiori dettagli, vi rimando al mio post di ieri), l'impresa era ovviamente irta di perigli e quanto mai delicata. Bisognava agire di astuzia. Occorreva trovare validi e fidi alleati. State forse pensando alla stessa persona a cui all'epoca pensai io? La soluzione dell'enigma è, direi, quasi scontata, e fu il cuore di mamma, Enza, a sostenere le mie ambizioni e le mie aspirazioni di giovane donna. Lavorammo il nemico ai fianchi, con un'opera di persuasione degna del miglior diplomatico che si possa immaginare, con una costanza e una pazienza paragonabili solo a quelle di un Certosino e, alla fine, anche il più ostinato e conservatore dei genitori (ti voglio bene, papà!) dovette capitolare.
All'età di diciannove anni partivo per Siena per frequentare la sola Facoltà universitaria all'epoca non presente a Napoli, Scienze Economiche e Bancarie, unico motivo per cui mio padre aveva acconsentito alla mia dipartita ed unico motivo per cui quella Facoltà era stata da me scelta. Il sogno di sempre, quello di volare libera, finalmente si  avverava, proprio nella città che sin da ragazzina, per non so quale motivo, avevo percepito come la più congeniale alle vibrazioni più recondite della mia anima: Siena, Siena, Siena!
In altre circostanze e in presenza di istanze diverse, avrei scelto la Facoltà di Lingue, che, come potete ben immaginare, da buona Gemelli ascendente Gemelli, mi sarebbe calzata a pennello, come un tailleur su misura confezionato dal migliore dei sarti della City... Ma il mio desiderio di cambiare finalmente pelle era troppo forte, incontenibile, e Napoli, la mia città, non era il luogo adatto alla metamorfosi...

2 commenti:

  1. Direi che per essere una gemelli hai resistito anche tanto!
    Io a quella età avevo fatto domanda per andare a lavorare ovunque:
    vendemmia in trentino, in un museo a Boston, alle poste, in un albergo al mare....e poi ho conosciuto il mio attuale marito e me ne sono rimasta qui!

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  2. Anna carissima, ma sei troppo forte, una vera Gemelli ascendente Gemelli! Vedo che abbiamo volentieri barattato entrambe la vita da nomade con l'Amore stanziale. Che meraviglia!
    A proposito dov'è che vivi?

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