martedì 26 aprile 2011

La verde Irpinia

Storta va deritta vene, sempe storta nun po' gghì
Storta va dritta viene, prima o poi girerà bene

E’ una legge di natura: dopo il temporale, arriva sempre il sereno! E questa legge funziona anche per le vicende umane. Anzi, come più volte ribadito, personalmente ritengo che ciascuno sia artefice della sua fortuna e che, pertanto, il bello e il brutto della vita sia innanzitutto una responsabilità strettamente personale. Troppo spesso attribuiamo alla casualità l’origine dei nostri mali o la utilizziamo come capro espiatorio per giustificare i nostri insuccessi. La realtà è che sovente non abbiamo il coraggio di prendere le redini della nostra esistenza e plasmarla secondo quelli che sono i nostri desideri o le nostre aspirazioni. Ci crogioliamo in un disfattismo dilagante, che ci porta a parlare male di tutto e di tutti, eppure non facciamo nulla per cambiare lo stato delle cose. E badate bene, non parlo di cambiare i grandi sistemi del Pianeta, ma di agire laddove possiamo, fosse anche semplicemente il nostro stile di vita o il nostro modo di pensare.
Se mi guardo intorno, noto che la massima aspirazione della gente comune consiste in un posto da lavoratore dipendente, dove ti viene detto cosa fare, come farlo e quando farlo, in un televisore al plasma di almeno 46 pollici, dove ti viene ‘suggerito’ cosa guardare e cosa pensare, e di due settimane di vacanza al mare, preferibilmente a giugno o a settembre perché costa meno, ma che spesso si riducono ad una a causa dell’instabilità climatica, per cui è vero che hai pagato la metà, ma il tuo fegato è grosso il doppio!
Insomma, da buona rivoluzionaria, aspirerei ad un mondo leggermente diverso, dove la gente possa prendere realmente coscienza delle proprie capacità, dove, a prescindere dagli impedimenti esterni di vario genere, essa abbia il coraggio di svestire la corazza dei luoghi comuni, del pessimismo improduttivo, della comodità del lavoro dipendente (che, ammettiamolo, nonostante i suoi lati oscuri, ha il vantaggio di sottrarci al rischio imprenditoriale e, dunque, alla necessità di mettere in gioco ogni giorno le nostre risorse finanziarie, le nostre potenzialità e la nostra creatività!). E’ ovvio che molte di queste mie riflessioni rappresentano, parzialmente, mere provocazioni, in quanto mi rendo conto che la maggioranza delle persone percepisce cambiamenti di questo tipo come estremi e, dunque, non facilmente attuabili.
Ciò che, tuttavia, è per me una certezza incrollabile è il seguente principio: se va storta, l’unico modo perché possa venire dritta è che ci impegniamo personalmente affinché ciò avvenga. E l’unico modo che conosco e che reputo ammissibile esclude tassativamente lamentele, recriminazioni, accuse, vittimismo o, peggio ancora, assistenzialismo ed apatia, e consiste, piuttosto, nel rimboccarsi le maniche e nel rimettersi in corsa nell’infinito gioco della vita, ciascuno secondo le proprie inclinazioni e potenzialità!  
A questo punto, sicura che tra voi, carissimi lettori, troverò come sempre opinioni contrastanti (ma solo apparentemente, in quanto, secondo l’antica filosofia cinese, gli opposti -lo Yin e lo Yang- sono in realtà complementari, poiché ciascuno contiene il seme dell’altro), riprendo gli annali rivoluzionari!
Se la nascita di Aurora in Alta Irpinia era stata casuale (anche se, ormai, sapete che non credo troppo nella casualità!), per la nascita del terzogenito Diego Maria scelsi volutamente la struttura ospedaliera che così favorevolmente aveva accolto il mio primo parto. Al secondogenito Carlo Alberto erano, invece, toccati in sorte natali partenopei, in quanto le condizioni climatiche di quel freddissimo novembre del 2005 resero impossibile qualsiasi spostamento.  
Diego nacque a luglio del 2007 e, che ci crediate o no, da allora decisi di non fare più ritorno a Napoli, la mia città natale, se non per brevissimi periodi coincidenti con le festività natalizie o pasquali. Come tutte le decisioni importanti della mia vita, anche questa fu presa abbastanza rapidamente, affidandomi più al mio sesto senso che al raziocinio. L’unica persona con cui avevo concordato questo radicale cambiamento era, ovviamente, mio marito. Il luogo in cui andavo a stabilire la mia dimora non mi era sconosciuto, in quanto si trattava del paese che aveva dato i natali a mia madre, nonché a due dei miei figli, e dove, da quando ero nata e fino all’età di venti anni, avevo sistematicamente trascorso l’intero mese di agosto. Sto parlando di Sant’Angelo dei Lombardi, forse nota ai più per il catastrofico sisma del 1980, che la rase praticamente al suolo. Eppure, a prescindere da quel terribile evento, il ricordo che serbo di questo piccolo centro, posto ad oltre 850 metri nel cuore della verde Irpinia, corrisponde al luogo che mi accoglieva benevolmente estate dopo estate e dove assaporavo la libertà di movimento che non mi era concessa nella grande città. Rammento con tenerezza come all’età di appena cinque anni mi recavo ai giardinetti comunali per lo più in compagnia di mia sorella Daniela, ma, talvolta, addirittura, da sola. Non potete immaginare, a meno che non l’abbiate provata anche voi, quanto corroborante e pregnante sia per una bimba così piccola la sensazione di essere autonoma e capace di gestirsi da sola!
Dunque, anche la scelta di questo luogo non è stata casuale, poiché sono legata ad esso da un affetto infinito, che affonda le sue radici nel periodo più spensierato della vita di ciascuno di noi, l’infanzia.   
Inizialmente, mi appoggiai insieme ai bimbi in quella che era stata la casa dei nonni materni, in pieno centro storico, ma, dopo appena un anno dalla nascita di Diego, la nostra nuova, meravigliosa casa era praticamente pronta per accoglierci.
Tuttavia, di questo vi parlerò nel prossimo post!

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