venerdì 11 febbraio 2011

L'assalto dei cinquemila

Faber est suae quisque fortunae - Sallustio
(Ciascuno è artefice del proprio destino)

Preferite credere che la vostra vita sia nelle mani di un imperscrutabile e capriccioso destino o pensate che la vostra serenità ed il vostro equilibrio dipendano essenzialmente da voi?
Personalmente, opto per la busta n° 2, in quanto, anche se non conosciamo le domande che essa contiene, è pur vero che, presumibilmente, disponiamo degli strumenti per affrontare proattivamente l’ignoto.
E’ ovvio che nessuno di noi può preventivare o programmare il futuro, ma ciò che possiamo fare, soprattutto rispetto a situazioni o eventi indesiderati, è di non farci trovare impreparati, di non subire passivamente gli accadimenti esterni, bensì concentrare tutte le nostre forze su ciò che desideriamo.
Sembra semplicistico, ma vi garantisco che funziona. Anche le Sacre Scritture affermano “Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto!”
In altre parole, il destino ci riserva sempre e soltanto quello a cui pensiamo con intensità, sia nel bene che nel male. A dimostrazione di ciò, posso raccontare molteplici episodi personali: ad esempio, sono una vera artista nel trovare parcheggio. Basta che pensi con intenzione che lo troverò, e quello mi appare proprio dove mi occorre. Sono stata capace di riuscire nell’impresa anche nella trafficatissima Manhattan, proprio davanti al negozio dove ero diretta, sotto gli occhi increduli di mio cugino che vive lì da una vita.
Mia sorella Daniela in passato diceva sempre che avevo “culo” (scusate l’espressione!) solo a trovare il posto per la macchina, ma di posti di lavoro neanche a parlarne! Probabilmente perché in cuor mio non ho mai desiderato il posto fisso e, alla fine, le vicende della vita mi hanno dato ragione!
Oppure, vi racconto di quella volta in cui, durante il periodo universitario, mia madre voleva inviarmi 200.000 lire tramite vaglia postale. Da una cabina telefonica le dissi che in quel momento non ne avevo bisogno, ma, rincasando, pensai che, tutto sommato, mi avrebbero fatto comodo. E cosa trovo, secondo voi, in terra lungo la via del ritorno? Un pacchetto di banconote smarrite, che, contate, risultarono essere 250.000 lire! Mia madre me li aveva mandati eccome, i soldi, interessi inclusi!
Ma adesso ritorniamo alle vicende della ‘rivoluzionaria’! Dove eravamo rimasti? Ah sì! Dovevo raccontarvi cosa mi sottrasse alla bella vita in Toscana!
Beh, correva l’anno 1997 e un giorno, non ricordo esattamente quale, ricevetti una telefonata da un mio ex collega universitario. Enzo, questo il suo nome, mi informava che il Monte dei Paschi di Siena, storica banca tra le principali a livello nazionale, aveva bandito una selezione per l’assunzione di personale da destinare alle filiali sparse in tutta Italia.
I posti riservati ai residenti a Siena e ai figli dei dipendenti erano un centinaio e, spinta più dall’insistenza di Enzo che da una reale convinzione personale, decisi di candidarmi. La selezione si articolava in una prova scritta, che si sarebbe svolta alla Fortezza da Basso a Firenze, e, quindi, superato il primo scoglio, in una prova orale.
Inviammo le nostre domande di partecipazione e rimanemmo in attesa, non certo trepidante (almeno da parte mia), della convocazione.
Il giorno arrivò. Al mattino, di buon’ora, prendemmo l’autobus per Firenze e, nel giro di un paio d’ore, eravamo sul posto. Non so se riuscirò a descrivervi la scena che mi si parò dinanzi agli occhi: la Fortezza era stata assediata ed espugnata da un esercito inerme di oltre cinquemila speranzosi, alla ricerca di un posto di lavoro. Erano tutti accalcati nell’ampio cortile interno, eccitati e dubbiosi al tempo stesso. Li udivo scambiarsi opinioni sul possibile oggetto della prova, quasi ad esorcizzare la loro trepidazione e a propiziarsi l’esito dell’esame.
Io, che ero lì senza alcuna preparazione se non quella maturata nel corso degli studi universitari, mi sentivo un pesce fuor d’acqua: mi chiedevo cosa ci facessi in quel posto, pigiata come una sardina in una scatoletta di latta. Avevo fatto tanto per fuggire dagli autobus affollati di Napoli ed ora, eccomi là, nuovamente costretta in spazi angusti!
Comunque, ormai ero in ballo…
Io ed Enzo ci separammo, in quanto i candidati erano distribuiti in varie sale in base all’iniziale del cognome.
Seppi al momento che la prova si articolava in due test a risposta multipla, uno psico-attitudinale ed uno avente ad oggetto nozioni di tecnica bancaria, ragioneria, diritto commerciale e statistica. Non ero assolutamente convinta di farcela, ma la cosa non mi sconvolgeva più di tanto!
Cominciammo con la prima prova e, stenterete a crederlo, iniziai a macinare una risposta dopo l’altra! Indovinate un po’ di chi era il merito? Del caro Babbo Diego e della sua passione per la Settimana Enigmistica con la quale, sin da bambina, aveva contagiato anche me! Certo, non si trattava proprio della stessa cosa, ma i meccanismi mentali che andavano attivati erano esattamente i medesimi. E poi non dimenticate che sono una Gemelli ascendente Gemelli: in fatto di velocità ed agilità del pensiero non ci batte nessuno!
Nella seconda prova, giocai d’astuzia, usando un po’ di psicologia. Non ero nuova a questo approccio, in quanto, durante il corso di laurea, al di là della preparazione e della naturale ansia per l’esame da sostenere, mi divertivo a creare sempre una qualche affinità con il professore che mi stava di fronte. Era indubbiamente un modo per allentare la tensione, ma anche una sorta di scommessa con me stessa, allo scopo di verificare se, anche quella volta, ero capace di far breccia nell’umore corrugato dell’esaminante.
Certo, in questo caso non avevo di fronte una persona in carne ed ossa, ma solo un foglio apparentemente asettico. Eppure, anche quel foglio emanava delle vibrazioni, ovvero, questo era ciò che il mio radar interiore percepiva. Sicché, feci ricorso alla stessa psicologia usata in sede di esami universitari: tentai di stabile un contatto con quel pezzo di carta, per cui, ad esempio, di fronte a due risposte simili e ad una totalmente diversa, scartavo automaticamente quest’ultima e mi giocavo la partita al 50%, tra le due risposte sopravvissute.
Terminata la prova, nonostante le molteplici strategie utilizzate, ero, tuttavia, convinta di aver fallito.
Ripresi l’autobus per Siena insieme ad Enzo e da allora, serenamente, accantonai del tutto il Monte dei Paschi di Siena.
Dopo qualche settimana, mi giunse una telefonata. Era quasi ora di desinare e avevo una gran fame. Al telefono era una mia amica che mi annunciava: “Silvana, sei sul giornale!” “Perché, cosa ho fatto?”, ribattei. “Hai superato la prova scritta al Monte dei Paschi di Siena!”
Le strategie avevano funzionato e, improvvisamente, mi era passata la fame!

Nessun commento:

Posta un commento