giovedì 11 aprile 2013

Quale personaggio delle fiabe vorreste essere e perché?

Rammentate i tempi in cui ci venivano lette delle belle fiabe per conciliare il nostro sonno? Tempi in cui non esistevano ancora computers, tablets ed altre diavolerie simili, ma solo i vecchi, buoni libri, compagni di avventura della nostra fantasia e dei nostri mondi immaginari.
Ricordo con immenso piacere i momenti in cui leggevo, anzi divoravo, le fiabe dei fratelli Grimm, di Hans Christian Andersen, di Charles Perrault, consumando letteralmente con gli occhi le illustrazioni da cui cercavo di carpire ogni minimo dettaglio per immedesimarmi il più possibile con la vicenda narrata.
Di fatto il bambino soffre e si rallegra insieme ai personaggi delle fiabe come se il loro dolore fosse il suo dolore, le loro lacrime le sue lacrime, la loro felicità la sua felicità. Ogni atto di bontà ha la propria ricompensa e ogni cattiveria viene punita. Il bene vince sempre sul male, anche se, in questo processo, il bambino sperimenta come il male possa sopraggiungere all'improvviso, come ciò provochi in lui paura sin nel profondo della sua anima e come la vittoria della giustizia e del bene sia per lui liberatoria e consolatoria.
Dunque, la fiaba ha un respiro etico amplissimo che contribuisce in maniera insostituibile a fondare e a rendere solida la moralità del bambino. Questo aspetto è sottolineato egregiamente dalle parole dei fratelli Grimm: "Le fiabe vengono raccontate ai bambini affinché, in una luce pura e lieve, i primi pensieri e le prime forze del cuore si sveglino e crescano."
La fiaba che sopra ogni altra prediligo sono Le avventure di Pinocchio, di Carlo Collodi. Dire che questo è un testo che venero è assolutamente riduttivo, poiché ritengo che esso sia un concentrato magistrale di tutti gli insegnamenti che andrebbero trasmessi ai futuri uomini e donne. Non a caso, è stato il primo libro di narrativa che ho regalato a mia figlia e, di tanto in tanto, ci soffermiamo a leggerne insieme qualche pagina, forse più per il mio diletto che per il suo.
Per quanto la valenza pedagogica di quest’opera sia indiscutibile, è anche vero che nessuno identifica l’incontenibile burattino come latore di valori morali o come il simbolo del bene che trionfa sul male. In realtà, se questo racconto continua ad essere letto in tutto il mondo dopo quasi centotrenta anni, è per la simpatia senza riserve suscitata dal suo protagonista, così vicino, nelle sue debolezze ed incoerenze, ai lettori piccoli e grandi.
Quasi quasi ci lascia delusi la sua trasformazione finale in un ragazzino in carne ed ossa, poiché, se idealmente tutti desideriamo dei figli modello, ubbidienti, rispettosi e bravi a scuola, tuttavia, nel nostro immaginario continuiamo a propendere per il burattino birbante e per le sue strabilianti peripezie.
Sarà forse perché il suo cambiamento rappresenta un po’ l’emblema malinconico del passaggio dalla magica libertà infantile ai doveri e alle responsabilità della vita adulta.
E, si sa, tutti noi vorremmo tornare ad essere bambini!








2 commenti:

  1. Da bambino amavo i racconti di Jules Verne, non erano fiabe vere e proprie, ma...che emozione a leggere del capitano Nemo, o dei personaggi de "L'isola misteriosa"!

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    1. Ciao, Costantino! Che bello ritrovarti nel mio blog! Indubbiamente la tua scelta in fatto di fiabe non può che essere condivisibile.
      A presto.

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